F.G. ha ventisette anni. E’ originario di Ancona ma abita a Roma da circa tre anni, dove sta per conseguire la laurea in Discipline e arti della musica e dello spettacolo. Suo padre è avvocato e inizialmente F. stesso aveva iniziato a studiare presso la facoltà di giurisprudenza. Accortosi di non essere tagliato per quel corso di studi ha deciso di trasferirsi a Londra, dove è rimasto per circa due anni. Questo periodo, come confessato dallo stesso F., è stato particolarmente significativo, poiché a quegli anni risalgono il suo interesse verso la regia le sue prime prove dietro una macchina da presa. Trasferitosi a Roma, oggi F.G. si occupa di tutte le attività legate alla produzione video: lavora saltuariamente come operatore e spesso si cimenta nel montaggio video e nel mixaggio audio, il che gli consente spesso di lavorare direttamente da casa.
È significativo che il mio primo contatto con F. sia stato tutto fuorché naturale e spontaneo: non conoscevo F.G. in alcun modo e la nostra reciproca conoscenza si è limitata alle due giornate trascorse insieme per svolgere il presente elaborato. Mi sono messo in contatto con lui via telefono attraverso la mediazione del prof. Vereni. La nostra prima conversazione è avvenuta dunque tramite una breve telefonata, con la quale abbiamo concordato luogo e orario del nostro primo incontro: ci saremmo incontrati a casa sua le settimana seguente.
Prima giornata (sabato 28/11/2009)
F. abita in una zona di campagna all’estrema periferia nord di Roma, a qualche chilometro di distanza dalla più vicina arteria stradale. La sua casa è posta alla fine di una stradina secondaria non servita dai mezzi pubblici cittadini. Pur essendone al corrente, ritenevo che dalla più vicina fermata dell’autobus non avrei impiegato più di mezz’ora a piedi per raggiungere il luogo dell’appuntamento. Mi sbagliavo. Quando mancavano ormai meno di dieci minuti all’orario stabilito per l’incontro ero ancora in piena campagna e intorno a me non si intravedeva altro che prati, boschi e qualche pecora al pascolo. Ormai rassegnato ad arrivare in ritardo, stavo per mettere mano al telefono per avvertire F. dell’inconveniente quando una macchina, proveniente dalla direzione opposta, ha rallentato per fermarsi proprio di fronte a me. Dal finestrino abbassato si sporge un ragazzo, che mi chiede: «sei tu Fabio?». Si trattava proprio di F., che casualmente, in attesa del mio arrivo, si stava recando in farmacia. Così è avvenuto il nostro primo incontro: nel bel mezzo di una strada di campagna a due chilometri dal più vicino centro abitato. F. stesso sembrava un po’ perplesso e sorpreso dell’incontro, fatto che rendeva quella situazione ancor più artificiosa e insolita e le prime conversazioni con lui piuttosto imbarazzate.
Salito in macchina ho cercato di rompere un po’ il ghiaccio, scambiando quattro chiacchiere, parlando del progetto, dell’università e mettendo a punto obiettivi e metodi della ricerca che stavo effettuando. Ho approfittato di quei momenti per rivolgere a F. anche alcune domande preliminari sul suo uso del computer e dei diversi mezzi di comunicazione, oltre che su alcuni particolari della sua vita privata, ritenuti indispensabili per comprendere il significato profondo delle sue relazioni attraverso i media.
1. Conversazione preliminare sull’uso del computer e devi vari mezzi di comunicazione
Intervistatore: Usi molto il computer?
F.G: In generale ci passo proprio le giornate a meno che non debba uscire. A casa il computer è un oggetto sempre acceso, anche perché lo uso per tutto: per ascoltare musica, per guardare film… In più lo uso per lavorare, quindi spesso è acceso anche di notte. Ci passo un sacco di tempo: la mattina ovviamente controlli la mail, apri facebook, ti guardi Repubblica, poi magari cominci un lavoro… quindi la cosa è continuativa fino a quando vado avanti.
I: Che mi dici invece a proposito dell’utilizzo di e-mail e social network?
F.G: Utilizzo gmail per la posta primaria, hotmail per altri due account che uso per cose meno importanti. Facebook, sì ce l’ho e lo uso, ma a seconda del periodo: magari un periodo lo uso di più, in altri momenti mi stanco, per cui nemmeno mi ricordo di aprirlo. Anzi, posso dire una cosa? La cosa che mi fa arrabbiare di facebook è che la gente lo ha scambiato per la posta elettronica: questa è una cosa che a me da sui nervi, perché la mail ha sostituito la posta tradizionale così come gli sms; era diventata un oggetto molto usato e, tra l’altro, molto utile e diciamo “ufficiale”. Adesso invece la gente ti manda messaggi su facebook e non usa più la posta. Questa è una cosa che non mi piace perché, può sì essere un oggetto molto utile, ma non può andare a sostituire la comunicazione “vera”, quella della mail. Non è possibile che se io per tre giorni non guardo FB magari non vado da qualche parte perché mi hanno invitato lì e non me ne sono accorto oppure non so qualcosa perché me l’hanno detto sul social network. Così come non è possibile che la gente ci parli di lavoro: conosco gente che mi scrive messaggi di lavoro! “Ci sarebbe da fare questo lavoro…” o cose simili: e tu me le mandi su Facebook? Beh non ha senso. Allora lì per me è l’esagerazione di queste cose… poi mettici che Facebook ha delle funzionalità interessanti, come il fatto che puoi aprire una conversazione con più persone in modo molto comodo, per cui è chiaro che se vuoi organizzare una festa è la cosa ideale. Però bisognerebbe discernere un po’.
I: Potresti parlarmi del modo in cui usi il telefono? Lo usi spesso? Hai più di un cellulare? Con quanta frequenza lo usi?
F.G: Io ho avuto fino a ieri telefoni di merda. Telefoni che non solo non facevano le foto e i video, ma che non facevano proprio niente, perché sinceramente non mi era mai interessato di fare queste cose. Per quello ho una bella macchina fotografica… Poi adesso è successo che la “3” mi ha detto che sono passati due anni da quando ho fatto il contratto con loro, perciò posso cambiare telefono e fra le scelte possibili c’era l’Iphone. Io sono un “Apple-fan”, per cui me lo sono preso questo iPhone, a 100 euro. Così sono passato da questi telefoni menomati che a stento facevano le cose base a questa specie di gioiello che fa di tutto. Ora ho un appendice di computer sempre con me, per cui c’è ad esempio la possibilità di fare una foto e metterla su Facebook, una cosa che a me, pur essendo critico nei confronti del mezzo, piace fare: ogni tanto faccio queste foto, le posto o le mando. E questa è solo una delle tante cose che posso fare con l’iPhone. Quindi diciamo che l’iPhone ha finito per diventare come il computer: l’iPhone è iPod, ci vedi i video, con l’iPhone ci vai su internet, ci telefoni, ci fai le foto… praticamente è un altro computer, per cui quando sono in giro, chiaramente lo uso spesso. Un conto è avere un telefonino che usi solo per telefonare, un altro conto è avere un oggetto che serve per tante cose, motivo per cui ce l’hai sempre appresso.
Non sono un telefono-dipendente, anzi, a me non piace stare al telefono, per cui uso il cellulare per chiamare, per fare comunicazione, ma non sono uno di quelli che sta sempre alla cornetta. Poi sono una persona che sta molto dov’è, nel senso che se sto qui a Roma, quelli di Ancona non li sento affatto. Se poi vado ad Ancona, non sento nessuno di qui. Poi la chiacchierata per raccontare, per chiacchierare al telefono mi stufa. Quindi ovviamente con un normale telefono, ad esempio in palestra lo lascerei nell’armadietto. Invece succede che con l’iPhone te lo porti con te, perché il telefono c’ha anche la musica. Se poi suona, rispondi. Quindi adesso mi ritrovo che ogni tanto sto al telefono mentre sono in palestra. Questo succede perché, con il fatto che il telefono incorpori più funzionalità in un unico oggetto, anche quelle che non ti servono, finisce che te lo porti appresso e di conseguenza lo usi: ce l’hai e lo usi.
I: Quanto usi il telefono per comunicare? Ci passi molto tempo? Come comunichi con i tuoi parenti più stretti, con gli amici, ecc.?
F.G: Non mi piace parlare al telefono per mezz’ora, anche se preferisco il telefono rispetto all’sms. La gente che comincia le conversazioni con l’sms mi stanno sulle palle. Primo perché sei u tirchio e ci vuole che spendi due soldi se vuoi parlare con me. Secondo: se vogliamo organizzare qualcosa e dobbiamo mandarci settanta sms, tanto vale che ci sentiamo e al massimo in due minuti abbiamo detto tutto. Invece c’è gente che attacca con tutti questi messaggi... Preferisco assolutamente la telefonata, anche se breve. Poi vedi… un’altra cosa dell’iPhone… l’iPhone manda le foto e mio padre ha avuto ultimamente un’illuminazione tecnologica per cui di colpo usa facebook, manda gli mms. Adesso che anche io ho il telefono che può fare queste cose, lui mi manda spesso le foto di quello che sta facendo e io a mio volta gliele rimando. Adesso mi manda pure le mail, coi link ai video di YouTube. Ormai è “avantissimo”.
I: Quanti anni ha tuo padre?
F.G: Cinquantasette anni.
I: E cosa pensa di questa svolta?
F.G: Questa svolta ce l’ha avuta prima di me, perché lui di telefoni che facevano queste cose ce ne ha avuti prima di me, per cui con mia sorella già lo faceva.
Questa conversazione preliminare con F. è chiaramente da considerarsi poco attendibile. La reciproca estraneità e la scarsa spontaneità del nostro rapporto, soprattutto in quei primi momenti, sono fattori che certamente hanno influito sulle risposte fornitemi. Tuttavia grazie ad essa è possibile ricostruire un quadro iniziale, da confrontare poi con i dati effettivamente rilevati.
F. è un grande utilizzatore di tecnologia e in particolare del computer. Anche per via del suo lavoro trascorre molte ore davanti ad uno schermo ma, stando alle sue parole, F. è anche sinceramente appassionato ad internet e alle innovazioni tecnologiche. La posta elettronica viene considerata un mezzo di comunicazione particolarmente efficiente: è un utile strumento di lavoro e presenta caratteri di “ufficialità”. Meno positivo è il rapporto con i social network (nel caso specifico si parla di Facebook): F. lo usa in maniera non continuativa ed è piuttosto critico nei confronti di quelli che considera “abusi” di Facebook. Si esprime in questo quadro la necessità di “saper discernere un po”, ovvero di saper porre dei limiti ed imparare a separare le varie funzioni del social network. Anche per quanto riguarda telefono e sms, F. non nasconde di farne ampio uso ma si dimostra critico verso un uso eccessivo. Particolarmente positiva è la sua accoglienza dell’iPhone, sebbene F. tenga a precisare come esso abbia provocato conseguenze rilevanti sul suo stile di vita.
2.
La conversazione termina quando scendiamo dalla macchina, una volta arrivati di fronte all’abitazione. Si è ormai fatto tardi (circa mezzogiorno) e F. deve mettersi subito al lavoro. Accende il computer ma prima di iniziare a lavorare apre il browser web e controlla la posta. Non avendo ricevuto mail, clicca su Facebook (che è salvato fra i segnalibri) e scorre rapidamente la pagina. Mentre compie questa operazione mi dice di “non sopportare i commenti e i molti gruppi stupidi che girano su Facebook”. Controlla rapidamente gli inviti ricevuti, rifiutando la partecipazione senza neppure leggerli. Poi si sofferma un po’ più a lungo su di un suggerimento, inviatogli da una sua amica: “vuoi diventare fan di V.P.?”, laddove V.P. era il nome della stessa autrice del messaggio. F. mi spiega che conosce questa persona solo superficialmente (a quanto ho capito F. le ha fatto qualche avances non ricambiata) e che non sono più in contatto da diverso tempo. Lei si trova in Canada e l’invito a diventare suo fan è il primo messaggio che si scambiano da mesi. F. è piuttosto sarcastico nello spiegarmi il fatto e alla fine rifiuta il suggerimento e preferisce non “diventare fan di V.P.”.
Scorrendo ancora un po’ il wall, F. nota la foto di una ragazza conosciuta durante un recente lavoro come cameraman. La sua attenzione viene attirata dalla telecamera immortalata nella foto e di conseguenza controlla meglio l’album fotografico e la pagina personale di questa persona. Dopo una veloce sbirciatina sulla pagina di quella che scoprirò essere la sua ex ragazza, F. si mette al lavoro e fino all’ora di pranzo non interromperà la sua attività, salvo una breve parentesi, quando, in attesa del caricamento di un file, controllerà rapidamente la casella di posta e la pagina di Facebook, senza però trovare alcun messaggio.
Intorno alle 14, F. riceve una telefonata da parte di suo padre. La conversazione è breve: F. gli parla del lavoro che sta svolgendo e di quelli che deve fare nei giorni successivi, dopodiché si salutano.
Terminato di mangiare F. si rimette subito al lavoro, finché alle 16 non decide di fare una pausa. Come di consueto controlla prima le e-mail e poi apre Facebook, dove si accorge di aver ricevuto due messaggi privati. In essi si parla di un viaggio ad Amsterdam, proseguendo una conversazione iniziata tredici giorni prima. F. mi spiega che una sua cara amica ha aperto una discussione fra lei e l’intera comitiva di amici (circa 20) con i quali si frequenta, dicendo di aver prenotato un biglietto per la capitale olandese e chiedendo chi altro volesse unirsi a lei. Dopo un’iniziale indecisione, nel giro di pochi giorni, ben 15 persone (fra cui F. stesso) si sono accodate alla sua proposta, dando su Facebook la propria conferma. Sebbene si tratti di un gruppo di persone in stretto contatto fra loro, tutte residenti a Roma e che spesso escono insieme, F. ritiene che una simile discussione non si sarebbe mai concretizzata se Facebook non avesse reso possibile intrattenere una conversazione collettiva. L’idea infatti era stata proposta di persona qualche tempo prima, ma la cosa era stata rapidamente dimenticata. Solo dopo l’apertura del dialogo sul social network l’iniziativa ha preso consistenza, permettendo di discutere l’argomento con continuità, superando le difficoltà dovute al fatto di vivere in una grande città e all’impossibilità di riunirsi tutti insieme con frequenza, senza ricorrere a innumerevoli telefonate.
A partire da questa discussione, F. mi mostra una serie di conversazioni simili, tutte finalizzate all’organizzazione di uscite, feste, compleanni, ecc. Questa funzione di Facebook è evidentemente quella ritenuta maggiormente utile.
Scorrendo nuovamente il wall, F. si sofferma su un messaggio di sua zia e mi dice che “ha perso completamente la testa per Facebook”. Scoperto da poco, lo utilizza continuamente e, mi dice, le ha preso un po’ la mano: pubblica continuamente foto dei parenti e in particolare immagini dei figli, cosa che F. ritiene particolarmente fastidiosa, in quanto vengono messi pubblicamente in mostra particolari privati della vita dei suoi cugini, i quali, non avendo un account, ne sono totalmente all’oscuro. Inoltre la zia pubblica una quantità di test, quiz, ecc. che F. non esita a definire “idiozie” e che lui, ci tiene a precisare, non ha mai neppure tentato di fare.
A questo punto, data la situazione, ho ritenuto di fare qualche altra domanda per approfondire l’utilizzo di Facebook da parte di F. Gli ho chiesto di mostrarmi i gruppi ai quali era iscritto e lui stesso si è stupito di quanti fossero. Fra questi c’erano:
- Camden Town, quartiere londinese spesso frequentato da F. quando viveva in Inghilterra;
- il suo ex liceo;
- Greenpeace Italia, al quale è stato invitato da un suo amico attivista;
- la trasmissione televisiva Annozero;
- la serie tv Twin Peaks;
- la trasmissione radio Il Ruggito del Coniglio;
- l’attrice Valentina Lodovini;
- Pier Paolo Pasolini;
- il giornalista Piero Ricca;
- un attore di cabaret, Marco Zara, di cui F. dice non gli importi molto. Si sorprende di esserne
“fan” e non ricorda esattamente quando si è iscritto al gruppo dei suoi sostenitori;
- Enzo Biagi;
- Marco Travaglio;
- Giovanni Falcone;
- l’attore Ben Stiller: anche in questo caso F. non si spiega come può averlo nel proprio profilo;
- diverse band emergenti;
Dopo essere stato aggiunto fra i suoi “amici”, ho chiesto a F. se fosse solito pubblicare link, note o altro materiale. Fino a qualche settimana prima, era solito pubblicare articoli o video politici contro Berlusconi. Accortosi di essersi fatto prendere troppo la mano, da un giorno all’altro ha smesso, limitandosi a postare qualche raro link particolarmente interessante o divertente.
F. mi dice inoltre di non gradire quando qualcuno, invece di telefonare o quanto meno mandare un sms o un messaggio privato, scrive direttamente sulla bacheca di Facebook, in quanto il messaggio può essere letto da chiunque acceda al suo profilo.
Riassumendo F. dice di usare Facebook per:
1) organizzare uscite, serate, feste, ecc. in alternativa ad altri mezzi di comunicazione (in particolare in sostituzione del telefono);
2) per “curiosare”, osservare i link altrui, sbirciare i profili di amici e conoscenti;
Da un lato Facebook funziona come mezzo di comunicazione, particolarmente utile perché permette la comunicazione di più persone contemporaneamente; dall’altro il social network è una specie di piazza pubblica, dove link, gruppi, ecc. esposti pubblicamente svolgono una funzione eminentemente sociale, suscitando approvazione o critica e suscitando reciproca curiosità fra gli utenti.
Terminata la pausa, F. si rimette al lavoro fino alle 18, quando controlla nuovamente la casella di posta elettronica. Poco dopo riceve una telefonata da un suo amico, che gli chiede quali siano i suoi programmi per la serata. La chiamata dura poco: F. gli spiega che il giorno seguente deve alzarsi presto, perciò non può fare tardi. Si mettono d’accordo per incontrarsi più tardi. Qualche minuto dopo una nuova telefonata interrompe F.: si tratta di una chiamata di lavoro. La persona all’altro capo del telefono gli chiede aggiornamenti e gli dice di aprire la sua pagina di Facebook, poiché le informazioni di cui F. ha bisogno può trovarle in una foto pubblicata sul social network. F. mi spiegherà poi che aveva bisogno di alcune informazioni per i titoli di testa di un video a cui stava lavorando. Questi dati poteva ricavarli dall’immagine di una locandina pubblicata su internet. F. ha però bisogno anche dei nominativi di coloro che hanno collaborato a quel progetto. L’interlocutore gli dice che glieli manderà subito tramite posta elettronica. Per farlo ha però bisogno del suo indirizzo e-mail. F. apre dunque la chat di Facebook, trova il nome del suo interlocutore e gli scrive il proprio indirizzo di posta elettronica, il tutto mentre sono ancora al telefono. Si organizzano per incontrarsi il giorno seguente e terminano la telefonata. F. recupera dunque le informazioni di cui aveva bisogno ma si accorge che l’immagine è di pessima qualità. Cerca nuovamente di contattarlo tramite la chat di Facebook, ma, non trovandolo, gli invia un messaggio privato sullo stesso social network, chiedendogli di inviargli un’immagine ad alta risoluzione. Dopo questo complesso scambio di informazioni, F. apre la pagina di Repubblica e dà una sbirciata alle notizie principali. Il telefono squilla di nuovo: è un suo conoscente insieme al quale sta svolgendo un lavoro. Si mettono d’accordo per incontrarsi la mattina seguente perché F. ha bisogno per una sua attività di una certa apparecchiatura elettronica.
Pochi istanti dopo aver terminato la chiamata, F. si accorge di essersi dimenticato di chiedere l’indirizzo al suo interlocutore, perciò gli invia un sms. La scelta del messaggio di testo è evidentemente motivata dalla semplicità e brevità della richiesta. Due minuti più tardi arriva l’sms di risposta con l’indirizzo esatto, che subito F. controlla su Google Earth, attraverso il suo iPhone.
A questo punto F. comincia a prepararsi per uscire. Mi accompagna in macchina alla stazione del treno e ci accordiamo per incontrarci la mattina seguente.
Seconda giornata (domenica 29/11/2009)
Ci incontriamo di nuovo l’indomani mattina: F. mi aspetta in macchina davanti alla stazione. Dal risveglio fino a quel momento, stando al suo resoconto, ha svolto un’intensa attività su internet: dovendo uscire presto per prendere in prestito un oggetto da un suo collega di lavoro, ha consultato Google Earth tramite l’iPhone per controllare la strada da percorrere. In seguito, mentre attendeva il mio arrivo, ha occupato il tempo navigando sul web. Sempre tramite il suo telefono, ha controllato la sua pagina facebook, rispondendo poi ad un messaggio privato, nell’ambito della discussione sul viaggi ad Amsterdam di cui mi aveva parlato il giorno precedente.
Così come il giorno precedente, anche nel secondo giorno di rilevazione ho approfittato del tempo trascorso in auto per fare alcune domande a F. ed approfondire alcuni aspetti non trattati in precedenza.
3. Seconda conversazione
Intervistatore: Quanto usi il telefono per le telefonate? Sei più il tipo che riceve chiamate o uno che le effettua? Sei una persona che si fa molto sentire e che tende a mantenere i contatti per telefono?
F.G: Guarda, io faccio… tre ore e quarantacinque minuti di chiamate alla settimana. Te lo dico così precisamente perché è il tempo che ho a disposizione per contratto e lo uso sempre tutto, per cui il tempo è esattamente quello. Uso il telefono più per comunicazioni che per chiacchierate, racconti e cose così, anche se, ovviamente essendo un fuori sede e dovendo tenere contatti con amici e famiglia di Ancona, mi capita magari di telefonare per fare un saluto e di trovarmi poi a stare venti minuti, mezz’ora al telefono. Però, fosse per me, tranne alcuni casi che magari c’è bisogno di parlare di una cosa particolare, lo eviterei perché non amo chiacchierare molto al telefono. Preferisco il telefono all’sms se bisogna accordarsi o parlare di qualcosa di specifico, perché poi per mandare un pensiero, un’idea… è anche più carino il messaggio.
Telefono spesso in macchina: quando sono a casa spesso lavoro e se devo lavorare non rispondo al telefono. Ecco questa è una cosa che magari può interessarti: io spesso non rispondo al telefono volontariamente. A meno che ovviamente non si tratti di telefonate di lavoro. Se mi chiama un amico, o un conoscente, insomma una telefonata che non è connessa alla mia attività, non rispondo. Questo fa un po’ incazzare le persone… però poi richiamo, quindi differisco solo quelle telefonate. Invece in macchina chiamo spesso, perché tanto non c’ho da fare niente, per cui… spesso rimando tutte queste telefonate a quando mi devo spostare. So che lavoro fino ad una certa ora, poi magari devo andare in palestra, so che ho quei venti minuti di viaggio in macchina per arrivarci, lì chiamo e magari mi faccio volentieri una chiacchierata se capita. Per dire, i miei cerco sempre di chiamarli in questi momenti in cui so che sono un po’ libero, perché loro tendono ovviamente a chiedere, informarsi, raccontare.
I: Una cosa che ho avuto modo di notare è che, mentre in un posto più piccolo, come può essere Ancona o la provincia marchigiana, è più facile mantenere contatti faccia a faccia con le persone, le cose in una città come Roma funzionano diversamente…
F.G: … in modo totalmente diverso. È la grande città ed è una cosa che ho potuto constatare anche a Londra. È chiaro che una città come Ancona, non che il telefono non serva perché alla fine chiami comunque per organizzare, ecc., però magari chiami una persona, due persone, ti incontri solo con quella poi basta andare nel posto x, nei posti x, e ti ritrovi alla fine ad incontrare un sacco di gente che infondo sei quasi sicuro di incontrare. Sai che la cosa avviene molto facilmente. Invece a Roma devi chiamare e devi chiamare tutti. Essendo una grande città, se non chiami, non riesci ad incontrarti. Per cui la ricchezza, l’utilità di Facebook in questo senso è grande: è chiaro che un gruppo di persone a Roma, possono vivere tranquillamente a venti o trenta chilometri di distanza. E’ chiaro che in una dimensione così, se non ti accordi non ti incontri. Facebook ha permesso di organizzare serate con persone che vengono da parti diverse di Roma, incontrarsi tutti senza dover fare alcuna telefonata e soprattutto senza che nessuno si debba prendere la bega di farlo.
Da questo punto di vista è chiaro che Facebook è un fatto positivo e utile… C’è una cosa singolare… c’è questa mia amica che è molto critica nei confronti di Facebook, perché… insomma lei critica questo fatto dell’iper-comunicazione, per cui si è tutti collegati ma in realtà poi è un modo un po’ finto di rapportarsi, come il fatto di avere tra gli amici gente che magari se incontri per strada neppure saluti… tutte cose sicuramente vere… ma vedi che poi lei usa Facebook regolarmente e ogni volta si sente in dovere di scusarsi. Ogni volta che inizia una di queste conversazioni, tipo quella famosa di Amsterdam (che ha iniziato lei, perché è lei che aveva comperato il biglietto ed ha proposto a tutti di unirsi…), comincia dicendo “non voglio usare Facebook però in questo caso serve, ecc.”. Ma non è l’unica volta: si scusa ma poi lo usa, perché è chiaro che poi lo usi: sono cose che entrano nella tua vita quotidiana. Anche io per esempio in un certo senso mi sono contraddetto – anche se non è che mi senta in colpa – quando ieri ti ho detto che non voglio usare Facebook per mandare le mail… però ieri a quel mio amico dovevo dirgli di mandarmi la foto ad alta risoluzione: non conoscendo la sua mail e sapendo che lui smanetta sempre con facebook, gli ho mandato un messaggio lì…
La stessa cosa succede sempre, quando un mezzo si diffonde, come con il cellulare: quando il cellulare è arrivato c’erano un sacco di discussioni anche sull’uso del telefonino. Un periodo mi ricordo che scandalizzava se mentre stavi parlando suonava il cellulare e dicevi “scusa ma squilla il telefono”. All’inizio era così. Adesso chi ci pensa? Anche le telefonate sull’autobus erano malviste.
Non è detto che Facebook non abbia effetti negativi sulla nostra vita: andandoci a riflettere anche il cellulare ha avuto dei risvolti negativi, oltre tutti quelli positivi, di comodità, ecc. Però comunque se un mezzo viene usato e si diffonde, puoi dire quello che vuoi, ma tanto si usa.
4.
Arrivati davanti casa, il cane di F. ci viene incontro. Mentre lo accarezza F. mi dice che anche il piccolo Poli (così si chiama il cane) ha un account Facebook. All’inizio penso sia una battuta, ma poi scopro che F. ha davvero creato un profilo per il suo bastardino. Lo ha fatto “per gioco” ma si è ben presto accorto che molti suoi amici si divertivano a rispondere sulla bacheca, come se stessero parlando realmente con Poli. Pian piano mi rendo conto che la cura con cui F. si occupa dell’account del proprio cane è molto maggiore di quanto il suo presunto scetticismo verso Facebook farebbe immaginare. Mi spiega ad esempio che, poiché Poli ha messo incinta una cagnetta, ha caricato su internet sia le foto della “compagna” che quelle dei cuccioli. F. mi dice anche che ora cercherà di sfruttare Facebook per dar via i cuccioli.
F. si mette al lavoro: dopo circa tre ore, alle 12:20 viene interrotto da una telefonata da parte della sua ex. Stando alle sue spiegazioni si sono lasciati da poco ma continuano a sentirsi con una certa frequenza. La chiamata è breve, si limita a battute essenziali (come stai, cosa fai, ecc.) e termina dopo meno di cinque minuti.
Durante la pausa pranzo, noto che sul desktop del computer c’è l’icona di Skype. Decido allora di fare qualche domanda in proposito: F. mi dice di utilizzare Skype prevalentemente per due ragioni: o per lavoro oppure per contattare i suoi amici in Inghilterra: in entrambi i casi la scelta di questa specifica modalità è dovuta alla sua economicità, particolarmente rilevante per le chiamate all’estero. Avendo vissuto a Londra per due anni, F. mantiene ancora i contatti con le persone conosciute nel Regno Unito e con un suo amico in particolare. Si sentono saltuariamente, meno di una volta al mese. Tramite mail concordano preventivamente quando contattarsi e restano collegati per circa un paio d’ore. I contatti con l’Inghilterra sin dal suo ritorno, sono sempre avvenuti tramite questo mezzo, sebbene il suo amico londinese lo chiami talvolta al cellulare.
Continuando la chiacchierata, F. mi spiega poi che per quanto riguarda il lavoro, preferisce di gran lunga comunicare da casa tramite mail, telefono, ecc. evitando i faticosi spostamenti dentro Roma. Anche i pagamenti sono solitamente effettuati online o tramite bonifico bancario. Il contatto con i datori di lavoro è perlopiù indiretto e mediato, soprattutto per attività concernenti il montaggio e il mixaggio dei video che possono tranquillamente essere svolte da casa. Anche per queste ragioni F. controlla continuamente la posta elettronica, approssimativamente una volta all’ora. Le risposte ai messaggi di posta sono pertanto immediate e - mi racconta F. - talvolta succede che lo scambio di risposte via mail sia talmente rapido da costituire una specie di conversazione in tempo reale.
Particolarmente interessante è il dialogo che abbiamo intrattenuto a proposito del linguaggio delle mail: lo riporto interamente qui di seguito:
Intervistatore: Com’è il tuo modo di comunicare per mail? Cambi stile oppure scrivi sempre nello stesso modo? Sei formale?
F.G: Questa è una domanda interessante perché… io scrivo sempre bene, cioè cerco di scrivere bene nel senso di non mettere errori… rileggo quello che ho scritto…
I: ...quindi non usi abbreviazioni, ecc.?
F.G: Se le scrivo è o perché parlo con un mio amico di Ancona, perciò parlo volutamente in anconetano o magari posso utilizzare un diminutivo come “w.e.” per “week end” o cose del genere. Però di solito non faccio errori.
I: Quindi non usi un linguaggio da sms…
F.G: No, no… sono discorsivo e correggo gli errori che faccio. Anche perché mi è capitato di lavorare con persone, il cui lavoro poi era molto di ufficio, che consideravano la mail come dei pezzetti carta che ti lanciano, degli appuntini… per cui mi arrivavano mail che non si capiva nulla… Sgrammaticate, senza punteggiatura, per cui non sai inizia e finisce una frase, e certe volte diventava proprio difficile capire cosa avevano detto e mi toccava dire: “guarda non capisco cosa vuoi”. Capito? Una specie di flusso di pensiero, che magari un aggiornamento lavorativo diventa uno stuolo di informazioni affastellate senza criterio. A me questo non piace, perché in realtà ci vuole molto poco…
I: Quindi scrivi con cura, cercando di essere formale al punto giusto…
F.G: Sì, poi con le eccezioni… a volte vado proprio di fretta… però è raro: se vado di fretta lo scrivo: “guarda vado di fretta, ti scrivo meglio domani”.
I: Quante mail ricevi in media?
F.G: Mah, questo varia molto dai periodi, perché ovviamente i periodi in cui lavoro ne ricevo di più. Dipende dal lavoro soprattutto. Perché di mail personali non ne ricevo tante. Sotto questo aspetto Facebook ha sostituito la mail. Se un amico mi deve comunicare qualcosa ormai me lo dice direttamente su Facebook. Il lavoro no: soprattutto per quanto riguarda l’invio di preventivi, ricevute, fatture, faccio tutto tramite la mail. Però guarda, ti dico, se mettessero gli allegati sui messaggi di Facebook è un attimo che comincino a mandarmi fatture, ecc.
A questo punto F. riprende a lavorare finché alle 13 e 45 non squilla il telefono. Questa volta è sua madre che lo avverte di aver provato più volte a chiamarlo sul telefono fisso, senza riuscirci. Normalmente la mamma chiama sempre sul fisso, perché meno costoso e privo di interferenze. Per risolvere il problema F. riaggancia e prova a fare uno squillo alla madre con il telefono fisso. Dopo pochi istanti ecco che il telefono fisso si mette a squillare. Terminata la telefonata, F. mi spiega che ha dato il numero del telefono di casa solo ai genitori e ai parenti più stretti, per evitare di essere disturbato continuamente.
Meno di un’ora più tardi, alle 14:25 è suo cognato a contattarlo per telefono: anche lui è impegnato nello stesso campo lavorativo e i due si mettono d’accordo per incontrarsi l’indomani per registrare qualcosa. I contatti fra i due si limitano all’ambito lavorativo.
Una nuova interruzione avviene alle 15:10: F. prima controlla su Google Earth l’indirizzo presso il quale dovrà recarsi il giorno seguente; poi riceve un’altra telefonata da parte del suo amico C., con il quale si accorda per incontrarsi quella sera per visionare un video girato e montato dallo stesso F. Mezz’ora più tardi scrive un mail ad un suo cliente, chiedendogli che gli mandi una base musicale per completare il lavoro che sta svolgendo.
Alle 16:30 riceve un sms da parte di C., sempre per organizzare l’incontro serale. F. non risponde al messaggio e dopo una decina di minuti C. lo chiama al telefono. F. non vuole essere disturbato e non risponde neppure alla chiamata, mostrandosi evidentemente seccato dalle continue interruzioni e confermando quanto detto nella conversazioni mattutina. La stessa situazione si verifica circa un’ora dopo: a chiamarlo questa volta è L., un suo amico di Ancona. Anche in questo caso F. preferisce non rispondere.
3. Terza conversazione e conclusione del secondo giorno di rilevazione
Intorno alle 17:30 F. decide di fare una pausa. Ne approfitto ancora una volta per rivolgergli alcune domande che riporto per intero:
Intervistatore: Mi parleresti delle immagini che scambi con tuo padre?
F.G: Ecco, perché sta da solo spesso e mi dice quello che sta facendo… e io ogni tanto ricambio.
I: ...quindi associa un’immagine ad un messaggio di testo?
F.G: Sì, un mms, un messaggio con foto, emoticon, ecc. Quindi te se hai il cellulare, fai la foto poi la mandi come messaggio e ci puoi aggiungere del testo.
I: E tuo padre te le manda in particolari circostanze oppure così, per passare il tempo o tenersi in contatto?
F.G: No no, me le manda anche dallo studio mentre lavora, per cui non lo fa per motivi particolari.
Una volta che era andato a fare una gita in moto, per dire, mi ha mandato la foto della moto. Poi una volta che è andato a fare una passeggiata in montagna mi ha mandato un’altra foto. Non è molto perché io è da poco che posso ricevere. Però so che con Giulia, mia sorella, in realtà succedeva da prima.
I: A proposito di tua sorella: vi sentite spesso oppure come con il resto della tua famiglia?
F.G: Uguale: anzi forse quello con cui mi sento di più è mio padre perché mi chiama spesso. Con mia madre e mia sorella normalmente: una volta ogni paio di giorno.
I: A proposito dell’account di Poli? Per esempio, sei stato te ad inviare richieste di amicizie?
F.G: In realtà Poli non ha mandato quasi mai amicizie, (risate) gliel’hanno chiesta tutti. L’ha chiesta a mia madre e a mia sorella, a un paio di amici, dopodiché si è sparsa la voce e hanno cominciato ad aggiungerlo… tutti i giorni mi arrivava una scarica di richieste. Adesso non è che ce n’ha tantissimi ma penso che sia arrivato ad una cinquantina.
I: Risponde anche ai messaggi? Aggiorna lo stato in bacheca?
F.G: Dipende, ci sono periodi in cui ha più tempo e periodi in cui è più indaffarato. (Risate)
I: E per esempio cosa scrive?
F.G: Scrive quello che fa. Per dire una volta ha scritto: “ho cacciato una gallina e l’ho portata a F., ma F. non è stato molto contento”(risate). Sennò scrive cosa fa: “sto dormendo” o le novità: gli è arrivata questa cuccia bianca nuova, allora ha messo su Facebook la foto della cuccia bianca. Adesso ovviamente col fatto dei cuccioli dice: “sono nati i bambini”, oppure “questa è la mia ragazza”. Adesso il suo status è cambiato e adesso lui è “fidanzato”.
I: A proposito dello status: per esempio provvedi ad aggiornare queste cose?Che genere di informazioni condividi?
F.G: Se intendi cosa penso, cosa faccio, è difficile. Solo se mi capita qualcosa di importante o interessante. Non so: “oggi ha intervistato tizio”, così.
I: Aggiorni il tuo status sentimentale?
F.G: No no, quella è una cosa aberrante che ho anche toccato con mano. Quando abbiamo fatto Facebook subito ci siamo precipitati a mettere “io sto con…”; poi quando ci siamo lasciati è toccato modificarlo. Solo che lei è stata più furba perché l’ha fatto alle 5 di mattina e l’ha cancellato subito, che è una bella tecnica. Io ho tentato di fare lo stesso ma per qualche motivo non mi si è cancellato il messaggio per cui si è sparsa la voce. Fortunatamente nessuno l’ha commentato, anche perché l’ho fatto dopo un mese che era successo.
I: Quindi è probabile che qualcuno non ne fosse al corrente e lo è venuto a sapere tramite Facebook.
F.G: A Londra tutti ovviamente. Perché a Londra mi avevano visto a settembre con lei, quindi nessuno sospettava due settimane dopo questa cosa. Nessuno lo sapeva e l’avranno scoperto così.
I: Su Facebook ci sono tue foto? Le hai messe te oppure sei stato taggato da altri?
F.G: La maggior parte le hanno messe gli altri. Qualche foto l’ho messa anche io. Generalmente metto foto delle giornate con gli amici. Difficile che metto una foto mia e basta. Ci sono quelli che si fanno le foto continuamente da soli e poi le mettono lì. No, quello non mi viene di farlo. Però magari porto la macchina fotografica una domenica fuori con gli amici e magari poi le metto su Facebook. E questo piace perché tutti si taggano. Io da me non taggo nessuno perché non ho voglia. Però vedi che piano piano tutti quanti si taganno, commentano, scherzano…
I: Se dovessi spiegarmi brevemente qual è la motivazione sottostante alla pubblicazione di una foto su Facebook?
F.G: Condividere. Condividere una cosa che hai fatto con gli altri. Con la foto ovviamente è una cosa molto immediata. Perché se dovessi raccontarla ci impiegheresti un sacco di tempo e non avrebbe lo stesso impatto. Invece con quattro foto l’hai spiegato e la gente se lo vede velocemente e ha anche voglia di andarselo a vedere.
I: Quindi è più indirizzato verso le persone che hanno condiviso quello stesso event?
F.G: No no, verso tutti. Per esempio mia madre è contentissima di questo perché io vado su una volta al mese, quando va bene, non sa nulla di quello che faccio qua… Non è che se vado una domenica con gli amici le sto a raccontare quello che ho fatto: le dico “sono uscito”. Magari vede l’album e vede che ho fatto questo, ho fatto quest’altro, c’era tizia, c’era caio… Anzi questo è buffo ogni tanto: mi dice “ho saputo che…”, “e chi te l’ha detto?”, “l’ho visto su Facebook”.
Ah ecco! Voglio raccontarti un aneddoto. Ero in giro ad Ancona con un mio amico di vecchia data. Incontriamo uno che veniva a scuola con noi e che non vedevamo da anni. Quindi ci fermiamo, salutiamo, ci si racconta un po’ quello che si stava facendo, segno del fatto che non ci si vedeva da una vita… stavamo per salutarci, al che questo fa: “Oh L. ma poi l’hai fatta o no sta cena con S.?” “Cena? Ma che cena?” “Sì, quella cena che devi fare da un sacco di tempo con Sara” “No, non l’ho fatta… ma te come lo sai?” “Eh l’ho visto su Facebook” “Ah! Vabè. Ciao!” Cioè praticamente questo non ci si vedeva da anni, non sapeva più nemmeno se stavamo studiando, noi non c’avevamo idea di cosa facesse lui… però si è informato se L. poi aveva fatto una cena con S., che evidentemente sul pubblico stavano cercando di organizzare. E vedi la faccia di L… “Ma questo che ne sa?” Non sapeva neanche che la conoscesse S.
I: Per te Facebook è stato utile per riallacciare rapporti con vecchi amici e conoscenti?
F.G: Per quanto mi riguarda non esiste. Io che ho fatto amici ovviamente tutti quelli delle elementari, qualcuno delle medie, gente con cui uscivo sempre che poi non ho visto più… continuo a non vederli più e non me li cago più neanche su Facebook… È stato carino vedere magari che uno che veniva alle elementari con me, ha una figlia di due anni, è alto due metri e mezzo, è un armadio, fa il tranviere e io me lo ricordo quando era piccoletto, cicciotto, sfigato… siccome quello non lo incontrerei, perché abita in un’altra zona, è stato interessante. Però tolto il “ciao, come stai” siamo rimasti amici su Facebook ma in realtà non c’è nessun contatto. La cosa comoda è il fatto di Londra, perché comunque con le foto posso vedere magari qualche serata che fanno loro tutti insieme. Comunque li conosco tutti, quindi non è che vado a farmi affari che non sono miei. Un po’come se tenessi un po’ la traccia di quello che fanno. Senza dire poi che l’altra sera, mi è arrivato un messaggio su Facebook, dove un mio amico slovacco che lavorava con me a Londra ha pubblicato delle foto visibili solo ad un gruppo di persone, i colleghi che lavoravano a questo locale, foto delle nottate che facevamo lì dopo la chiusura tutti insieme, con un po’ di frasi nostalgiche… A me ha fatto piacere, anche perché sono tempi a cui sono molto legato. Questo è un gesto carino, autentico che poteva viaggiare solo su Facebook. Sì, poteva mandare una mail. Ma se io non c’avessi Facebook, la mail dei miei colleghi di lavoro a Londra di tre anni fa, dove le trovo? Invece con Facebook in tre secondi hai trovato tutti.
Alle 18:20, l’amico C. chiama nuovamente: questa volta F. risponde e i due si mettono d’accordo sul luogo e l’ora dell’appuntamento. Ormai interrotto il lavoro, F. apre Facebook e scorre rapidamente la pagina. In quel momento spunta l’avviso di una richiesta di amicizia. Subito controlla il profilo di questa persona: si tratta di una ragazza e F. nota ad alta voce che ha una “relazione complicata” con un suo amico: accetta l’amicizia. Spento il computer, F. si prepara per uscire. Controlla il traffico sul raccordo anulare attraverso l’iPhone, prende la giacca ed esce di casa. Durante il tragitto non riceve né effettua altre telefonate. Dovendo incontrarsi con i suoi amici non lontano da casa mia mi accompagna alla fermata della metro. Ci scambiamo il numero di telefono, ripromettendoci di incontrarci nuovamente, anche per ricambiare la sua ospitalità nei due giorni trascorsi insieme.
Mi scuso per la lunghezza del post. Ho optato per la completezza piuttosto che per la sintesi. E soprattutto mi scuso per il ritardo. Spero almeno che ne venga fuori un buon ritratto di F.
RispondiEliminaCaro Fabio va benissimo! E' quello che mi aspettavo quindi NON ti scusare per la lunghezza, fosse mai gli altri rilevatori gli viene voglia di accorciare il braccino davanti alla tastiera del pc. Voglio questo tipo di relazioni. Scusa la fretta, appena posso ti posto commenti più dettagliati. Se altri hanno da scrivere tanto meglio.
RispondiEliminaPiuttosto troviamo un modo per postare i file che siano anche scaricabili. Possiamo usare i google docs dell'account ricerca.socialnetworks, vedo di farlo io se mi mandi il file in word alla mia mail
A presto
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