domenica 28 novembre 2010

Intervista gruppo tutorial

Venerdi sono state fatte le prime interviste. Ci siamo da subito scontrati con la difficoltà di trattare il tema dell'identità, anche se molti elementi interessanti sono emersi.
L'intervista è stata una sorta di chiacchierata totalmente non strutturata, ma difficile è stato approfondire i punti di nostro interesse. I ragazzi erano molto giovani (sarà da risolvere anche la questione delle riprese) e le nostre pre-conoscenze che ci eravamo fatti cercando e analizzando tutorial e affini sull'argomento sono state totalmente messe in discussione dalle loro semplici ma chiare risposte. Alla domanda "come voi vi autodefinireste? Di quale gruppo giovanile vi sentite parte?" La risposta è stata un semplice quanto disarmante "non mi autodefinisco e non faccio parte di nessun gruppo. Io sono semplicemente io e mi vesto e faccio quello che scelgo io". Eppure tutto quello che avevamo visto e sentito finora ci indicava esattamente il contrario: ossia un forte senso di appartenenza in questo "nuovo" gruppo identitario giovanile, definito da regole di vita e stilistiche forti e condivise. Ci siamo a lungo interrogati su questa discrepanza a fine intervista e l'unica risposta che siamo riusciti a darci per il momento riguarda proprio quella separazione tra endogeno/esogeno che era uscita in aula. In questo senso infatti possiamo dire che la forte definizione del gruppo "emo" dei giovani è qualcosa che viene dall'esterno, una sorta di contenitore creato ad hoc per inserire ed "etichettare" tutti quegli adolescenti "strani" ed alternativi che si vedono per le strade. Dal "loro" punto di vista però le cose sono diverse: le somiglianze sono dovute a gusti musicali e a stile di abbigliamento ed estetico (cosa che non risulta affatto nuova), ma non è celata in questa scelta stilistica alcuna filosofia di vita particolare, né alcuna regola di gruppo. Il tuorial si inserisce perfettamente in questo discorso: quelli che parlano di regole identitarie vere e proprie sono le parodie, i video fatti da persone esterne, mentre quelli reali e "seri" sono limitati a semplici consigli su come pettinarsi, truccarsi o dove comprare vestiti e accessori, cosa che si allinea perfettamente con l'aspetto stilistico identitario di cui dicevo prima.Nell'intervista si nota molto la differenza "come gli altri ci vedono (emo) e come siamo noi realmente". Nonostante questo sono però da considerare due fattori importanti a mio avviso: primo, che nonostante i ragazzi non si autodefiniscano Emo, esiste tutta una costruzione simbolica (visibile nella divisione tra poser, skunker, screamo) che permette ai ragazzi di posizionarsi e allo stesso tempo di differenziarsi dal gigantesco contenitore emo. Secondo fattore è che comunque in alcune "interviste" via chat abbiamo incontrato persone che invece si dichiarano parte di quel gruppo stilizzato e negato da molti, seguendo e condividendo le regole (la necessità di essere pessimisti, tristi, sofferenti; la triste scelta di tagliarsi le braccia,ecc.)considerate tanto importanti quanto i gusti musicali e il famoso ciuffo davanti al viso. Interessante sarebbe quindi confrontarsi con una di queste persone in un'intervista vera e propria soffermandosi proprio sul loro modo di vedere l'appartenenza e su come pensino invece l'altra parte, quella dei tutorial e della semplice appartenenza estetica.Si scopre quindi un mondo complesso, che difficilmente sarà analizzabile in profondità qunto forse l'argomento meriterebbe. Di sicuro però è già emersa (in un'altra parte dell'intervista che non tratterò ora qui) la forte funzione del social network, di internet e dei tutorial nella costruzione dell'identità giovanile di oggi. I nati nell'era virtuale hanno la possibilità di avere spazi di socializzazione e di costruzione dell'identità molto più ampi, anche fuori dal gruppo fisico della vita quotidiana. Internet cambia completamente la socializzazione giovanile , la complica e la arricchisce con tutti i suoi rischi e pericoli ma anche con tutte le positività delle sue risorse.

venerdì 26 novembre 2010

NUMERO DI DUNBAR

Il numero di Dunbar è un limite cognitivo teorico che concerne il numero di persone con cui un individuo è in grado di mantenere relazioni sociali stabili, ossia relazioni nelle quali un individuo conosce l'identità di ciascuna persona e come queste persone si relazionano con ognuna delle altre. I sostenitori di questa teoria asseriscono che un numero di persone superiore al numero di Dunbar necessita di regole e leggi più restrittive per mantenere il gruppo stabile e coeso. Del numero di Dunbar non è stato proposto un valore preciso, ma un'approssimazione comunemente adoperata è 150.
Il numero di Dunbar è stato introdotto dall'
antropologo britannico Robin Dunbar, che teorizzò che "questo limite è funzione diretta della dimensione relativa della neocorteccia, che a sua volta limita la dimensione del gruppo ... il limite imposto dalla capacità di elaborazione neocorticale riguarda il numero di individui con i quali può essere mantenuta una relazione interpersonale stabile."
Che ne dite?

giovedì 25 novembre 2010

Intervista n°1 (media e appartenenza)



Questa è la prima intervista realizzata dal gruppo di lavoro su "media e appartenenza", nella versione originale, senza ancora tagli o montaggi.

The social network - la vendetta dei corpi

Il Post pubblica un articolo/intervista, "Cosa c’è di vero e di falso nel film su Facebook" dove nella seconda pagina si tocca un tema che ptrebbe essere interessante.

Riportando un post del blog di Mark Zuckerberg l'articolo spiega come il momento di ideazione di facebook avesse decisamente molto a che fare con delle foto imbarazzanti:
The Kirkland facebook is open on my computer desktop and some of these people have pretty horrendous facebook pics.
Successivamente l'articolo riporta che
in difesa di Zuckerberg va detto che, a quanto pare, Facemash [il nome originale di Facebook, ndr] non era un’applicazione per mettere a confronto solo le ragazze ma includeva anche i ragazzi: questo ridimensiona la sfumatura di vendicativo maschilismo che viene data all’episodio.
Il fatto che ci fossero o meno anche i ragazzi fin dall'inizio ci interessa poco (potrebbe interessare allo psicanalista di Zuckerberg), mentre decisamente più rivelatore per le scienze sociali potrebbe essere il fatto che attorno alla nascita di Facebook si sia creato un mito (ok forse mito è troppo, diciamo una storia) di misoginia e maschilismo. Non è esplicitato nel pezzo ma quello che viene in mente a me è che il vedere – che diventa essere osservato per chi lo subisce – sia l'arma del maschio, che mette a confronto le foto delle ragazze per scegliere la più bella e degradare quelle che ritiene brutte, o ancora che rende pubbliche delle foto (di corpi) imbarazzanti per vendetta.

Ma la sorte spesso gioca d'ironia e così oggi ci si chiede cosa è preso a tutti quelli che su Facebook mettono le lore proprie foto in momenti imbarazzanti, in situazioni equivoche o in pose disastrose.

Per concludere un fumetto in tema: il titolo della striscia è "7 thinghs you really don't need to take a photo of". La settima è qui sotto, per le altre: the oatmeal.



Avviso gruppo tutorial

Come avrete appreso dalla mail di Mariateresa, l'incontro con i ragazzi per le interviste di oggi è stato rinviato a domani. Io purtroppo non so se riuscirò ad esserci e forse anche qualcun altro. Colgo l'occasione per ricordare, a chi riuscirà ad andare all'appuntamento, di mostrare esempi di tutorial riguardanti il loro "gruppo sociale" ai soggetti intervistati. Inoltre, se possibile, sarebbe utile poter ricevere e visionare il materiale prodotto domani prima della lezione di lunedì.

martedì 23 novembre 2010

metodologia di scambio durante il work in progress

Ciao a tutti,
ora che avete definito temi, oggetti e metodologie delle vostre microetnografie è indispensabile l'utilizzo del blog come mezzo di scambio, discussione e riflessione sul vostro lavoro.
Passate dallo scambio via mailing list interno ai singoli gruppi agli strumenti post e commento sul blog:
- per consentire a tutti di seguire i lavori in corso indipendentemente dal gruppo in cui siete collocati
- per, soprattutto, riflettere sulla costruzione dell'oggetto, sulla delimitazione del campo e sul vostro posizionamento.

l'utilizzo della telecamera come mezzo di esplorazione dei fenomeni sociali in oggetto va costantemente problematizzato: come possiamo produrre conoscenze (sui) e rappresentare - a livello audio-visivo - i fenomeni indagati in oggetto?

buon lavoro e un caro saluto,
sara

lunedì 22 novembre 2010

Media e appartenenza

L’obiettivo della nostra ricerca è indagare come i migranti utilizzano i nuovi media per mantenersi in contatto con il loro paese d’origine. Inoltre vorremmo indagare se questi contatti influenzino in qualche modo la percezione della loro appartenenza sia al paese di provenienza che al paese in cui si trovano ora, in questo caso l’Italia. Per fare questo abbiamo intenzione di intervistare alcuni migranti secondo questo schema:
Presentazione:
Qual è il tuo paese d’origine?
Cosa fai nella vita?
Da quanto tempo sei in Italia?
Con o senza la tua famiglia?
Con che tipo di persone del tuo paese sei in contatto?
Con quali mezzi mantieni questo contatto?
E’ importante per te? Perché?
Noti una differenza nel modo di comunicare con italiani/persone del tuo paese?
Ti tieni informato sulla vita quotidiana/avvenimenti del tuo paese?
Tutto questo ti fa sentire piu “a casa”?
In che modo tenere contatti con il tuo paese influenza il tuo senso d’appartenenza all’Italia/paese d’origine?
Prova ad immaginare come sarebbe il rapporto con il tuo paese d’origine se non avessi a disposizione queste tecnologie per comunicare…

Tutorial

Per motivi di tempo abbiamo deciso di concentrarci su un unico tema identitario (pur nella problematicità di una sua delimitazione) che sembra essere piuttosto diffuso nella componente adolescenziale della società contemporanea, quello dei cosiddetti “emo”.
Dopo ricerche e alcuni contatti, abbiamo scoperto che il tutorial non viene visto e utilizzato da tutti allo stesso modo. Nella maggior parte dei casi abbiamo percepito che il tutorial è funzionale primariamente all’acquisizione della componente estetica (abbigliamento, acconciatura, trucco…) dell’identità di gruppo. Il tema centrale della nostra indagine consisterà quindi nell’approfondire, attraverso interviste ai diretti interessati, l’ambiguità del rapporto tra nuove tipologie di costruzione identitaria e spazi virtuali.

Rete e legami sociali : obiettivi e metodologia della microetnografia

L'indagine vuole fare luce sull'impatto che la novità degli ultimi Social Networks ha avuto sul modo in cui le persone si relazionano, in rete e nella vita reale, o in entrambe contemporaneamente.
Le coordinate dell'indagine sono emerse da un brain-storming tra di noi attraverso posta email e in aula. Abbiamo individuato i seguenti punti:
Rituale del Kula e origine dei legami sociali (testo di riferimento: “Il dono”, Marcel Mauss e “Argonauti del Pacifico Occidentale”, Bronislaw Malinowski)
Analisi comparativa tra fruitori e non dei Social Networks (con particolare riferimento a Facebook, essendo il più utilizzato)
Motivazioni (perché iscriversi/non iscriversi?)
Obblighi di comportamento virtuale (accettare l'amicizia, auguri di compleanno, regali di Farmville)
A chi si dà l'amicizia? (Gradi di amicizia virtuale)
Coordinate di Spazio/Tempo prima e dopo i Social Networks: relazioni immediate e istantanee, ma incorporee. Il corpo come grande assente. Contrazione e priorità del tempo rispetto allo spazio.
Identità online e visibilità: aspetto teatrale e performativo della relazione via web
Che cosa si può capire di una persona dal suo profilo virtuale?
Superficialità delle relazioni (si accetta l'amicizia di qualcuno, ma poi ci si mette offline per non chattare con questa persona)
Come cambia l'utilizzo di Facebook nel corso del tempo?
Problematizzazione del concetto di amicizia

In conclusione, che funzione svolge la rete virtuale nei rapporti umani? Collega, cattura o allontana?
É ancora presente il senso di libertà caratteristico degli scambi sociali prima dell'avvento della rete?

La metodologia di ricerca da noi prescelta si configura come interviste dirette a soggetti di varie fasce d'età con differenti gradi di utilizzazione e conoscenza dei Social Networks, nella speranza di ottenere un quadro il più generale possibile.

domenica 21 novembre 2010

Corpi elettivi

Mi faccio portavoce del gruppo cinema e pubblicità del laboratorio di antropologia visuale della Bicocca; sebbene le grandi linee di quanto è qui di seguito esposto sono originate dalla collaborazione tra tutti i partecipanti al gruppo, la messa in forma è mia e quindi mie dovrebbero essere le colpe di eventuali errori e inesattezze.

Partiamo con una premessa: di film che parlano di social network e di interazioni che si svolgono in questo ambito non ce ne sono tanti ed è quindi necessario allargare in qualche modo la definizione di social network per poter avere una base di film da cui partire.

Per farla breve nella nostra scelta considereremo pertinenti tutti qui film in cui una (nuova) possibilità tecnologica permette di collegare due o più persone oltre i vincoli spaziali e/o temporali e di creare così un nuovo spazio-tempo dell'interazione che deve quindi essere riempito di significati. Questa definizione ha il vantaggio di non considerare l'opposizione reale/virtuale che rimane a mio avviso una opposizione non utile dal punto di vista di un analisi dell'esperienza: gli incontri, le azioni e le emozioni vissute attraverso un computer (e le loro conseguenze sulle persone) non sono meno reali che il computer col quale interagiscono: un biglietto di aereo virtuale comprato per raggiungere a Malmo un amico svedese con cui gioco online a Warcraft mi permette di arrivare a destinazione proprio come un biglietto cartaceo (reale secondo la definizione corrente, ma sempre una convenzione frutto di un accordo sul significato di quel pezzo di carta).
Questa indipendenza dal concetto di virtuale dischiude inoltre la possibilità di fare dell stesso un oggetto dell'analisi, di indagare quindi su quali basi una realtà virtuale è (o non è) opposta a una realtà reale e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di operare ad in una tale modalità.

Definendo in questo modo il campo di ricerca, l'indagine rimarebbe tuttavia ancora troppo vasta e rispondere alle domande qui sopra andrebbe sicuramente oltre le nostre possibilità d'analisi (sicuramente per questioni di tempo, probabilmente per inesperienza).
Restringere il campo è allora necessario: focalizzarsi su un solo aspetto dell'esperienza che a fronte delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie ha dovuto riadattarsi e reinventarsi può forse offrire l'occasione di scendere più in profondità.

La nostra scelta è di cercare di comprendere l'uso e le trasformazioni che i corpi, le loro rappresentazioni e le loro presentazioni subiscono una volta entrati nello spazio/tempo generato dall'uso delle nuove tecnologie. Che immagine del nostro corpo mettiamo in scena quando
possiamo coscentemente decidere (e fino a che punto la volontà può influire è già una domanda interessante da porsi), che immagine darne? In che maniera si lega al corpo (o ai corpi) che già si possiedono? Come il cinema, che già è rappresentazione e quindi è già in una certa misura familiare a questo problema, parla di questi corpi che possiamo chiamare corpi elettivi?

Al fondo di tutto credo però che sia a una domanda più profonda che ci si potrebbe porre. Perché si pensa che un corpo elettivo, ricreato solo attraverso la volontà e i desideri personali, possa a volte essere più pertinente e sentito come più proprio, che il corpo (stavo per scrivere reale, ma sarei caduto nella dicotomia reale/virtuale che voglio evitare come strumento analitico) sviluppato durante l'intera vita?
Da dove viene l'idea che la mente possa creare un corpo più vero e più rappresentativo di sè stessi rispetto al corpo che ci siamo pazientemente e a volte dolorosamente costruiti attraverso la nostra storia?

Insomma: perché questa supremazia del pensiero, che può scegliersi il corpo che preferisce, come se questo fosse un accessorio?
Sì, Cartesio, sto parlando a te!

Per concludere una lista non conclusa e dei film che potrebbero essere utili per uno studio di come il come il cinema rappresenta i corpi elettivi e le loro proprietà.
- Inception : ok qui si va oltre i corpi, e anzi in un certo senso potrebbe essere interessante chiedersi perché così poca attenzione.
- Avatar ;
- Matrix ;
- Tron ;
- L'autre monde : qui il link ci da una mezza analisi e suggerisce i due ultimi film;

Qualcuno ha qualche altro suggerimento?.

sabato 20 novembre 2010

Come si può diventare "autori" di questo blog

Visto che il malinteso è comune, chiarisco un punto a beneficio di tutti coloro che vogliano postare su questo blog, non solamente commentare i post scritti da altri. Per poter diventare autori bisogna essere invitati direttamente da uno degli amministratori (io o la prof. Bramani). Dovete quindi mandarci una mail ai nostri indirizzi in cui chiedete di essere invitati come autori, e a quel punto noi faremo l'adeguata procedura, che vi invierà una mail con tutte le (semplici) istruzioni da seguire.
Se vi iscrivete al blog state semplicemente dichiarando che "vi piace", che lo leggete volentieri, e che, eventualmente, avete deciso di leggerlo nel vostro "aggregatore" di news e pagine web, ma rimanete a tutti gli effetti lettori, non autori. Quindi, chiunque di voi voglia o debba postare DEVE prima farsi invitare dagli amministratori, cioè deve chiedercelo via mail!

Quando i social networks sono davvero "social"

Laura ha 41 anni e lavora da tempo per una nota azienda produttrice di apparecchi elettronici. A Febbraio del 2010 le arriva una proposta dalla Direzione: si tratterebbe di andare a Shangai per 6 mesi in qualità di quadro aziendale. Prendere una decisione non è facile: Laura è sposata e ha una casa, un cane e una vita in Italia. Non sa che cosa fare; alla fine, grazie anche al supporto morale del marito, decide di partire e di affrontare questa esperienza.

Ai primi di Marzo si trasferisce a Shangai. In Cina quasi nessuno parla inglese e per lei è veramente difficile adattarsi e instaurare rapporti con la gente, quindi durante il primo mese non fa altro che andare in ufficio a lavorare, per poi tornare a casa e mettersi a chattare con i “contatti italiani”, ma non è abbastanza: Laura si sente sola e spaesata, straniera in terra straniera. Una sera, in preda alla noia, digita delle parole su Google e s’imbatte in un blog italiano: VIVI SHANGAI, dove trova informazioni in tempo reale: “stasera aperitivo con spritz al Wine Bar” e indirizzo del locale. Si arma di coraggio e decide di andarci. Appena entrata tutti si voltano a salutarla: “Ciao, da dove vieni?”. Così inizia la sua amicizia con alcuni italiani che, come lei, si trovano a Shangai per i più svariati motivi e finalmente non si sente più sola in un mondo estraneo.

Il Wine Bar d’ora in poi sarà il suo porto franco in Cina. Con i suoi nuovi amici può confrontarsi e parlare delle sue impressioni e delle difficoltà incontrate, come il problema della lingua, del rinnovo del visto, delle scritte indecifrabili al supermercato, ecc. Insomma: riesce a condividere quelle problematiche che i suoi cari in Italia non possono comprendere.

Oggi Laura è tornata a Milano, ma ha conservato alcune amicizie con le persone conosciute a Shangai e con cui sente di aver condiviso esperienze e sensazioni importanti. Tuttora mantiene i contatti con loro. In particolare con Serena, la barista del Wine Bar, si è creato un rapporto intimo e forte: tra un mese verrà in Italia e sarà ospite a casa sua. “Meno male che quella sera presi la decisione di andare a quell’aperitivo!”, mi dice soddisfatta. Poi controlla l’orologio e calcola la differenza di fuso orario: vuole farmi conoscere Serena, così accende il computer e si mette on line, video-parleremo via Skype con lei.
Erika Rivolta

lunedì 15 novembre 2010

come fare la ricerca sui tutorial

ciao a tutti. posto qui una domanda di Federico Giudici con la mia risposta. Credo che possa interessare molti di noi, dato che la domanda di Federico solleva una questione metodologica importante su come si fa antropologia dei media. Ho provato a dare i miei suggerimenti metodologici.
pv

Salve, grazie per l'invito all'iscrizione nel blog. Volevo chiederle un consiglio. Le parlo a nome del gruppo di studenti impegnati nello svolgimento di una mini etnografia riguardante i tutorial. Il nostro dubbio è su come impostare la ricerca, se osservare un tutorial dall'interno oppure cercare di contattare degli utenti e dei creatori di tutorial (cosa che riteniamo sia migliore per quanto ci sia la difficoltà di trovare utenti disposti a farsi intervistare). Lei ha qualche suggerimento che possa servirci come spunto di riflessione per dare avvio alla ricerca in questione?
La ringrazio per la disponibilità e le auguro una buona serata
federico giudici

Caro Federico,
io credo che la sua domanda sollevi anche un'importante questione metodologica della ricerca antropologica sui media. "prima dei media" (prima cioè che gli antropologi cominciassero ad occuparsene) gli antropologi hanno vissuto un po' con la romantica certezza di dover essere i responsabili della produzione del loro dato etnografico. L'antropologo andava "sul campo" e con colloqui, interviste e osservazione partecipante raccoglieva il corpus della sua ricerca. Alcuni studiosi particolarmente attenti potevano aggiungere "le fonti scritte", ma in sostanza l'idea era che il corpus si creava con la ricerca, che cioè a crearlo fosse il ricercatore sul campo. Con i media la questione si complica, dato che i media, soprattutto nella loro disponibilità attuale di small media di utenza singola producono corpora sterminati di dati dati che PREESISTONO l'arrivo dell'etnografo sul campo. Io direi che non dobbiamo assolutamente trascurare queste fonti già costituite, e che dobbiamo anzi integrarle nei nostri progetti di ricerca attraverso uno spoglio quanto più sistematico.
In pratica, nello studio dei tutorial io vedrei due dimensioni di ricerca da tenere in piedi:
1. Da un lato il lavoro di censimento di quel che c'è in rete (e non solo in rete). Vale a dire cercare di raccogliere e catalogare tutte le forme disponibili sui media di "produzione dell'identità". Il lavoro di schedatura di YouTube va condotto con precisione, dividendo i diversi video per tipologia di utenti (gender e stile proposto) ma anche per tipologia di soggetti proponenti (chi propone il tutorial? Un singolo o un gruppo? Si tratta di un tutorial una tantum o di un progetto più articolato di diversi tutorial? Il tutorial propone la costruzione di un look o di uno stato d'animo?), senza trascurare il fatto che molti tutorial sembrano dominati da una certa ironia: quanto il tutorial si prende sul serio?
1bis A fianco di questo lavoro sui tutorial, credo che si debbano fare delle ulteriori ricerche sui siti dedicati a stili di vita o sottoculture specifiche, per capire quanto sono diffusi e articolati. 
1ter Non va trascurata l'analisi dell'interazione dei video/siti con gli utenti: valutare i commenti ai video, le pagine di commento ai siti, cercare insomma di farsi un quadro di come il materiale proposto via web venga fruito effettivamente.
2. Tutta questa prima parte di censimento deve guidare poi la selezione di soggetti da contattare direttamente, per interviste, colloqui, approfondimenti. I soggetti da etnografare devono essere sia nel campo della produzione (videomaker dei tutorial, responsabili dei siti) sia nel campo della fruizione (utenti dei siti particolarmente attivi, commentatori dei video molto loquaci e presenti).
Credo che che solo combinando un lavoro accurato di spoglio del materiale già disponibile con un'etnografia accurata si possa procedere con il lavoro in maniera proficua.
Sentiamoci se ci sono necessità di chiarimento!
Posto questo sul blog, potrebbe servire anche ad altri.
pv

giovedì 11 novembre 2010

La nozione di dono

Ciao a tutti,

posto come promesso una breve sintesi che ho scritto del testo di Caillé, Il Terzo Paradigma, che può essere utile al gruppo che lavora sulla RETE ( ancora non avete comunicato la decisione in merito al vostro nome/tag )per articolare il lavoro di ricerca.

L'autore si interroga sulle condizioni di possibilità dell'azione sociale a partire da una critica serrata del paradigma olistico e di quello fondato sull'individualismo metodologico. Secondo l'autore questi due paradigmi tentano di spiegare unilateralmente la genesi dei rapporti sociali: il secondo facendola derivare dalle decisioni e dai calcoli individuali; il primo dall'influenza della totalità sociale.
Nel tentativo di superare la dicotomia istutita da questi due paradigmi ( sociale/individuale - società/individuo), ed altre a questa strettamente correlati, l'autore propone un terzo paradigma fondato sulla nozione di dono, ovvero sul triplice obbligo di donare ricevere e ricambiare, formulata da M. Mauss nel suo Essai sur le don.
Il dono, in quanto performatore per eccellenza delle alleanze, è ciò che secondo Caillé, spiegherebbe il legame sociale.

" Allaciando rapporti resi determinati dagli obblighi che contraggono con l'allearsi e il donarsi gli uni con gli altri, assoggettandosi alla legge dei simboli che creano e fanno circolare, gli uomini producono simultaneamente la loro individualità, la loro comunità e l'insieme sociale in seno al quale si dispiega la loro rivalità" [pag.48].

L'interesse della proposta di Caillé, in riferimento al nostro lavoro, risiede a mio parere nell'accento che l'autore pone sulla prassi dei legami sociali e sull'invito a ragionare nei termini di interazionismo del dono. Se si considera il dono, DAL PUNTO DI VISTA degli attori sociali, è possibile porre al centro dell'attenzione ( FOCUS) l'interazione concreta tra i soggetti; ovvero il farsi delle relazioni prodotte e presupposte ( ma anche interrotte e/o riformulate) nelle "modalità d'uso" ( DECerteau) del/dei social network/s.

Un prima questione potrebbe essere posta in questi termini:
- quali sono le risorse che circolano (sia in termini materiali che simbolici) tra i membri della rete? = ambito di riflessione ed elementi dinamici delle relazioni

L'invito di Caillé a non ridurre l'azione sociale ad un'istanza ultima, astorica ed atemporale, sia questa il calcolo individuale o l'obbligo derivante da una totalità preesistente, ma di pensarla piuttosto attraverso la nozione di dono, apre lo sguardo ad altre fonti dell'azione umana quali sono quelle, ad esempio, del piacere e della spontaneità.

Una seconda questione si pone a mio parere in riferimeno alla legittimità o meno di considerare le azioni sociali attraverso il social network come doni.

Caillé definisce il dono come prestazione effettuata senza attesa di restituzione determinata. L'accettazione di una mancanza di reciprocità sarebbe, secondo l'autore, l'elemento comune ad altre e più ristrette definizioni del dono che lo finalizzavano alla creazione del legame sociale e ne limitavano la portata alla prestazione di beni e servizi.

Non si danno solo beni e servizi, scrive Caillé, ma anche parole, feste, conferenze, impressioni, colpi, amore, odio, la vita e la morte.
Notiamo qui come tra i doni possibili possiamo trovare molte delle risorse materiali e simboliche che circolano attraverso i social networks.

Una terza questione utile all'analisi è quindi relativa al significato ed alla forma del dono: cosa doniamo, per esempio, quando inviamo a un soggetto una richiesta di amicizia? e quando la accettiamo?

Per ora direi che questi spunti mi sembrano più che sufficenti per avviare una proficua discussione ed un buon orientamento all'analisi del gruppo RETE.

Se riesco posterò più tardi le riflessioni generali - questioni - affrontate a lezione in riferimento all'utilizzo di alcuni spunti dell'opera di Gramsci per un'analisi antropologica dei media in questione.

Sara Bramani