domenica 19 dicembre 2010

corpi elettivi-cinema

In riferimento al post che Dalila ha pubblicato il 16 dicembre, riporto l'esempio di un' intervista effettuata a un gruppo di ragazzi dopo la visione del film "The social network". Gli intervistati raccontano la loro esperienza d'uso, anche paragonata a comportamenti che hanno notato all'interno del proprio network.


sabato 18 dicembre 2010

rete e legami sociali

La micro-etnografia del gruppo rete e legami sociali si basa sul concetto di amicizia nei Social Networks, in particolare in Facebook. Innanzitutto, dopo un prolifico brainstorming, ci siamo chiesti cosa fosse l'amicizia in termini generali (una domanda già di per sè complicata) e successivamente abbiamo cercato di lavorare sul nuovo concetto di amicizia virtuale.
Dopo la lettura dell'introduzione di Marco Aime al Saggio sul dono di M. Mauss abbiamo posto maggiormente l'attenzione al concetto di amicizia come dono: si tratta di un bene da ricambiare? e in questo caso, l'accettare l'amicizia si può già considerare un controdono?
Abbiamo iniziato a fare delle interviste a conoscenti e sconosciuti su cosa intendessero per amicizia e se l'amicizia su un Social Network si potesse considerare tale; inoltre abbiamo chiesto agli intervistati quanti "amici" avessero su Facebook e di questi quanti ne frequentassero di persona.
Da queste interviste è emerso che nessuno degli intervistati considera vera amicizia quella su Facebook: amicizia è fiducia, è una relazione profonda basata su scambi veri, amicizia è qualità più che quantità. Inoltre, tutti confermano di considerare amici solo quelle persone che sono veri amici nella realtà, gli altri sono solo conoscenti, contatti che "fanno numero". Si accetta l'amicizia un po' di tutti, anche di persone conosciute per poche ore o addirittura di persone che non si conoscono, ma alla fine il legame con la realtà e la corporalità resta: gli unici contatti reali sono quelli che esistevano già nella quotidianità. Ma se dunque nessuno considera vera amicizia quella su Facebook, perchè comunque rimangono più "social" quelli con tanti amici?
Emerge quindi un problema lessicale: essendoci vari gradi di amicizia, sia nella realtà che nel mondo virtuale, è fuorviante e ingannevole chiamare con un unico termine ogni nuovo contatto, soprattutto perchè amicizia significa reciprocità, attendere un controdono che ponga le basi per il dono successivo, cosa che in Facebook non succede. La totalità degli intervistati infatti conferma che non esistono norme di comportamento virtuale, ossia non ci si sente obbligati a rispondere a un post o a un link condiviso. I rapporti d'amicizia quindi diventano più frequenti ma meno profondi: aggiungere un amico su Facebook non significa averlo nella realtà, tranne che in pochi e fortunati casi. Per suggerire meglio quest'idea, oltre alla nostra ricerca sul campo, vogliamo aiutarci anche con video trovati sul web come A life on Facebook di Alex Droner e una significativa e ironica puntata di South Park sull'utilizzo di Facebook come rete che cattura e unisce, due aspetti indissolubilmente legati.


giovedì 16 dicembre 2010

corpi elettivi- cinema

Il gruppo cinema e pubblicità sviluppa il proprio lavoro intorno al tema dei "corpi elettivi". Esso si propone di indagare le rappresentazioni del corpo e l'utilizzo di tali rappresentazioni all'interno dell'ampio circolo delle nuove tecnologie.
La possibilità di creare un sé corporeo e caratteriale diverso, un alter ego in uno spazio temporale virtuale, è oggi una questione profondamente dibattuta .
Attraverso l'utilizzo di social network -il diffusissimo Facebook e non solo- questa possibilità è di fatto accessibile a chiunque e lascia emergere dinamiche che da sempre affascinano la produzione cinematografica: ridefinizione continua dei confini tra realtà-finzione, corpo-mente, oggetto-soggetto, etico-estetico.
Ai fini di questa indagine ci siamo serviti di una serie di film che, attraverso diverse prospettive, sviluppano tali dinamiche e descrivono il corpo come oggetto in trasformazione.
Tra questi il recentissimo "The Social Network" (diretto da D.Fincher e scritto da A.Sorkin, B.Mezrich). Il gruppo ha preso diretta visione del film per poter raccogliere una serie di interviste a caldo all'uscita del cinema. Le interviste prevedevano alcune domande di carattere generale e lasciavano ampio spazio allo spettatore-interlocutore di riflettere e discutere in maniera piuttosto libera e colloquiale. Sono emerse riflessioni metodologiche relative alla conduzione delle interviste (la scelta e gestione delle domande da proporre sono risultate poco strategiche e poco mirate ai fini del risultato) e ci hanno portato ad una problematizzazione dell'oggetto di ricerca e ad una ridefinizione del campo di analisi.
Oltre alla scelta ed al montaggio di produzioni cinematografiche, abbiamo così raccolto numerose brevi interviste della durata di 5 minuti ca, che potessero mettere in luce l'impressione ed il rapporto dei singoli all'utilizzo delle nuove tecnologie nel ripensare il proprio corpo.
L'elenco dei film considerati si è ristretto rispetto all'elenco avanzato inizialmente, illustrato in un nostro post di novembre. Il corpo di interviste invece sta maturando.


mercoledì 15 dicembre 2010

tutorial "emo"

Ciao a tutti, durante l'ultima lezione di laboratorio è stato consigliato ai diversi gruppi di esplicitare punto per punto le fasi di lavoro (idea di partenza/confronto con la pratica effettiva/riproblematizzazione dell'oggetto di ricerca/elenco dei materiali), il gruppo tutorial ha già parlato a lungo di queste fasi di lavoro e per noi era più utile iniziare a lavorare sui diversi materiali raccolti. In ogni caso vorrei esprimere alcune riflessioni a riguardo.

Nel nostro lavoro su campo, come novelli etnografi, abbiamo notato come sia sempre presente, nell'incontro con l'altro, un continuo riposizionamento dei soggetti e delle idee che permeano il discorso. Ci siamo accorti dell'impossibilità dell'utilizzo della tanto amata empatia malinowskiana, dei nostri limiti e dei nostri pregiudizi. Proprio questo, però, ci ha permesso un interessante lavoro riflessivo (qui è presente il passaggio dal tema iniziale al riposizionamento a seguito dei lavori su campo). Nelle interviste effettuate è evidente il movimento sintetizzato nell'idea di circolo ermeneutico e ci siamo accorti di non poter avere risultati e soluzioni univoche e perfettamente lineari ed esatte. I nostri interlocutori ci danno informazioni discordanti che presentano incongruenze e controsensi, questo ci ha un po'spiazzato all'inizio anche se poi da ciò siamo riusciti a trovare preziosi spunti di riflessione e di riproblemattizzazione del tema iniziale. Dopotutto anche se il paradigma positivista è ormai decaduto siamo comunque sempre stati abituati a pensare che qualcosa di pulito, esatto, senza incongruenze sia il massimo a cui puntare, che sia qualcosa di veramente scientifico, invece, ciò che è confuso, caotico è qualcosa di imperfetto. Noi ci siamo mossi da questa imperfezione cercando di problematizzare al massimo il nostro discorso anche se esistono limiti di tempo e spazio.

Tornando al gruppo "tutorial" con il lavoro finale vogliamo far emergere e rendere visibile la differenza tra due distinti livelli identitari: il livello di definizione identitaria endogena e il livello di definizione identitaria esogena. All'interno del primo livello è presente un'altra discrepanza tra chi definisce se stesso come EMO "autentico" e chi anche se esteticamente è associabile al gruppo degli EMO ritiene che non esista questo gruppo e che esso dipenda da gusti estetici superficiali.

Noi siamo partiti con alcuni pregiudizi e pensavamo al mondo EMO come qualcosa di omogeneo, riconoscibile e riconosciuto ma con le prime interviste ci siamo accorti delle infinite sfumature e differenze, infatti stiamo parlando di persone e non di computer, ognuno ha una propria individualità, carattere.

A questo punto vi elenco i materiali raccolti durante le nostre ricerche:

- intervista a tre ragazzi della durata di circa 40'

-intervista tramite videoconferenza skipe 

-intervista ad un passante

-intervista mandata in onda dal programma tv "Le Iene" sul mondo EMO

-reportage sugli EMO di Repubblica TV, MTV, invasioni barbariche

-tutorial su come diventare EMO

-parodie ai tutorial su come diventare EMO

-dialoghi/mail/chat con ragazzi EMO

Per il montaggio del video ci sono diverse idee e proposte, di sicuro ci sarà un gran finale a sorpresa!

Il nostro gruppo si è suddiviso dei compiti da portare a termine entro lunedì (visionare i materiali raccolti e segnare i punti forti), prossimamente si comincia con il montaggio che vorrà comunque esprimere in modo chiaro il concetto di fictio/finzione/costruzione.

martedì 14 dicembre 2010

Tra Italia,Egitto e Brasile

Un quarta intervista è stata fatta a Karima, cittadina italo-brasiliana sposata con un cittadino egiziano. Grazie alle nuove tecnologie riesce a vivere tra tre continenti e a mantenere i legami con tutti questi contesti di appartenenza. Lei predilige soprattutto l'utilizzo di Skype,sia per ragioni di semplicità d'uso che per ragioni economiche e non sente invece "attrazione" verso Msn e Facebook.In Brasile si tiene in contatto soprattutto con sua madre e nota che da quando comunica attraverso Internet e Skype non sente più quella grande nostalgia che provava prima quando comunicava solo attraverso il telefono. Ora è in grado di chiacchierare del più e del meno,non si limita alle cose essenziali,tanto che andando in Brasile sente di essere uscita dalla porta di casa sua per entrare subito a casa di sua madre e la sua percezione della dimensione spazio-temporale è decisamente cambiata dopo avere sperimentato l'utilizzo delle nuove tecnologie. Anche l'alta qualità di queste tecnologie,per esempio la nitidezza dell'immagine vista sul computer ha giocato un ruolo importante nella percezione dei rapporti interfamiliari:la nonna si commuove quando guarda il nipotino dalla web-cam e il bambino di due anni e mezzo sa che la nonna si trova nel computer.
La conclusione di Karima è che si sente gratificata dalla sua esperienza personale di interazione con le nuove tecnologie.

lunedì 13 dicembre 2010

Media e appartenenza

La nostra idea di partenza era quella di indagare il rapporto tra migranti, nuovi media e appartenenza come declinazione specifica del tema "spazio e tempo" in relazione ai social networks. All'inizio abbiamo pensato di rifarci al testo "La doppia assenza" di Sayad, ridefinendo la "doppia assenza" come "doppia appartenenza", ma ciò è risultato piuttosto complicato vista la vastità della tematica e visto che l'oggetto era ancora poco definito. Quindi abbiamo deciso di rifarci al concetto di "comunità immaginata" di Anderson e soprattutto al concetto di Appadurai di "comunità di sentimento" come "comunità immaginate a partire dalla fruizione collettiva dei mass media", in quanto secondo Appadurai "i media elettronici forniscono risorse per l'immaginazione del sè come un progetto sociale quotidiano".

Tenendo conto di questi riferimenti teorici abbiamo steso una scaletta per condurre delle interviste, che abbiamo pubblicato nel precedente post.

Abbiamo avuto alcuni problemi a reperire soggetti per le interviste perchè molte persone non volevano essere filmate e abbiamo dovuto superare delle resistenze anche da parte di coloro che poi hanno acconsentito ad essere intervistati. In un'intervista il fatto di essere ripreso ha condizionato molto il soggetto, tanto che ha voluto rifare più volte l'intervista, cambiando anche nelle varie versioni il contenuto della stessa. Questo ci ha fatto riflettere sulle ricadute emotive legate all'utilizzo del mezzo audiovisivo.

Con le varie interviste l'oggetto si è andato restringendo e definendo, arricchendosi di sfumature inaspettate come il tema dell'arte come mezzo di contatto con il proprio Paese d'origine.

La prima intervista è stata fatta ad una ragazza italo-egiziana di 22 anni, residente in Italia da due anni con la sua famiglia, al momento studentessa universitaria. I temi più interessanti che sono emersi sono stati l'utilizzo dei social networks appena arrivata in Italia come strumento per sentirsi ancora a casa e la loro successiva trasformazione sia in mezzo di contatto con il proprio paese d'origine, sia con i nuovi amici italiani, sia come mezzo per conoscere nuovi egiziani in Italia. Inoltre è emerso un modo specifico di utilizzare i social networks con gli arabofoni, per ovviare all'assenza di alcuni caratteri per traslitterare l'arabo.

La seconda intervista è stata fatta ad una donna argentina residente in Svizzera da circa vent'anni, che di professione fa la pittrice e tiene corsi di arte per bambini. I temi più interessanti che ne sono emersi sono stati l'arte come mezzo di contatto con il proprio paese, la discriminazione tra vari mezzi di comunicazione e il privilegiare il telefono in quanto mezzo di contatto più diretto e migliore per quanto riguarda la tutela della privacy. E' emersa quindi anche una differenza generazionale nell'utilizzo dei social networks.

Abbiamo fatto la terza intervista ad un ragazzo di origine egiziana di 18 anni, residente in Italia da due anni e mezzo, che al momento lavora come commesso in un negozio. I temi più interessanti emersi sono stati la differenza tra l'immagine del paese d'origine data dalla famiglia rimasta sul posto e quella trasmessa dai siti di informazione, e l'utilizzo del cellulare come strumento di accesso costante a internet e in particolare a facebook.

Inoltre è stata effettuata una quarta intervista che però non abbiamo ancora avuto modo di visionare e analizzare in gruppo.

venerdì 10 dicembre 2010

facebook: da oggetto di studio a strumento di conoscenza

Ciao a tutti amici di Facebook sto facendo una ricerca per l'università vi chiedo semplicemente di commentare liberamente questa nota grazie Emilia
pubblicata da Emilia Fortunato il giorno mercoledì 8 dicembre 2010 alle ore 10.37

“Rispondi a una richiesta di amicizia”; “Conferma” o “Ignora”.Inizia sempre così. In questo modo, nel mondo cibernetico del noto social-network, due persone stringono, per così dire, “amicizia”. Di suo proposito qualcuno decide di condividere con te foto, riflessioni, spezzoni della sua vita che ha per bene impacchettato in un profilo bianco e blu. Per fare in modo che tutto questo accada si deve solo scegliere “Conferma”. Basta un semplice click del mouse su quel rettangolino blu con quella scritta bianca in stampatello, tanto invitante, per catapultarti nella vita di una persona che magarinon sapevi prima nemmeno che esistesse. Nel mondo cibernetico sii accumula un enorme archivio di informazioni, anche personali, da divulgare senza paura agli “amici”: coloro che hanno cliccato su quell’allettante “Conferma”!.È vero che uno dei vantaggi di Facebook è quello di poter aprire pagine e di conseguenza discussioni su argomenti di impronta politica, etica e chi più ne ha più ne metta. E fino a qua il tutto non è per niente fine a se stesso.Lo diventa purtroppo quando si decide di dare a un sentimento (l’amicizia) così presente e così importante nella vita di ogni uomo un significato così ambiguo. Il sociologo Cameron Marlow ha avuto la bella iniziativa di pubblicare i risultati di uno studio condotto dal Facebook Data Team sulle dinamiche sociali degli utenti.Ogni profilo ha la possibilità di avere 50, 100 e anche 500 e passa amici. Con l’aiuto di 30 volontari e col passare dei giorni, Marlow notò come gli individui che avevano più di 500 amici interagivano, attraverso la chat o il commento di foto e link, con un numero di persone di gran lunga inferiore al totale di amici, ad esempio solo una decina. Le relazioni aumentavano col diminuire della somma complessiva degli amici. Si rimane così intrappolati dal mondo cibernetico, da dimenticarsi quanto più importante possa essere il rapporto umano. Il toccarsi, l’ascoltarsi e il capirsi proprio con uno sguardo! È quello che accade nell’Amicizia.No, si preferisce interessarsi alla situazione sentimentale o all’orientamento religioso di un profilo.Ci si intestardisce a voler postare uno stato della serie “sono un duro, non ho bisogno di te!”, piuttosto che risolvere qualunque sia il problema davanti a una calda tazza di caffè.Proprio la relazione, fino a prova contraria, dovrebbe essere il più grande mezzo dell’uomo per definirsi tale e non rimanere chiuso fra le pareti del pregiudizio e dell’indifferenza.E guarda caso Facebook non fa altro che far interagire con quella decina di persone che si incontrano normalmente nel corso della vita di tutti. Mentre quella miriade di persone che legge di altri, commenta i loro pensieri sono definiti amici solo in un modo ingannevole.È per questo facile cadere nella trappola e illudersi sul valore dell’amicizia nel contesto facebookiano, così da non capire nemmeno il grande impatto che può avere il contatto con l’altro.Ma niente paura! È allo stesso modo facile individuare l’Amicizia, quella vera, nata attraverso l’affetto e la relazione.